Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 229 — |
XI.
Se Cicchedda avesse veduto uno dei fantasmi che temeva sempre di incontrar nella notte, non si sarebbe certamente spaventata di più.
Costanza oramai le incuteva una specie di paura fisica, che in quel momento la paralizzò; parve che il sangue le si fermasse nelle vene; il volto le si fece bianchissimo, ma ebbe il moto istintivo di stringersi ad Alessio, quasi cercando protezione. Egli s’accorse di tutto; ebbe un fremito d’ira, ma dominandosi disse con voce tranquilla:
— Cicchedda, porta a letto il bimbo.
Ella si curvò, ma Costanza le fu sopra, le diede uno spintone e prese il bambino: la fanciulla battè la fronte sulla tavola, e gemette.
Allora l’ira d’Alessio traboccò, e gli occhi gli luccicarono spaventosamente.
— Lascia stare mio figlio! — urlò con voce terribile, slanciandosi dietro Costanza e strappandole il bimbo: ella ebbe paura, Domenico si svegliò tremando e piangendo lamentosamente, e al suo pianto anche Cicchedda, che aveva veduto le stelle e si stringeva la fronte per il dolore, cominciò a singhiozzar forte. Era una