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egli la guardava con occhio profondamente indifferente, e non la curava affatto.
Nella sua perduta adorazione ella credeva che egli agisse così per prudenza, e lo guardava timidamente, ringraziandolo della sua stessa freddezza.
Intanto egli, col suo intuito fino di malato nervoso, andava accorgendosi di due cose sin allora sfuggitegli: prima di tutto dell’attaccamento di Domenico per Cicchedda. Ne provò quasi disgusto e dispiacere, perchè gli parve che se la ragazza fosse tolta al bimbo, questo ne avrebbe sofferto.
Pareva che oramai tutti gli altri personaggi della casa, neppur suo padre, contassero nulla per Domenico, più che mai viziato e grazioso. Era d’un egoismo formidabile e di una prepotenza irresistibile: strillava e piangeva spesso fino ad esaurire tutte le sue piccole forze, e solo Cicchedda riusciva a dominarlo.
L’altra scoperta disgustosa che Alessio fece, fu lo spionaggio assiduo e vile di sua cugina; benchè ne fosse edotto non credeva che le cose arrivassero a tal punto; vedeva, s’accorgeva, sentiva quando Costanza spiava, invisibile, dietro la porta o la finestra; quando piombava improvvisamente nella camera capiva le acri allusioni che ella rivolgeva a Cicchedda, e intuiva tutte le persecuzioni a cui la ragazza era fatta segno.
Ne provò sulle prime una collera sottile e