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dei singhiozzi, tremava e splendeva; sul suo capo, al di sopra del focolare, la cannitta dondolava con sottile scricchiolio.

Salvatore guardò lassù e proruppe:

— Cosa diavolo hai tu, ragazza? Se ascoltassi i consigli di chi li vuol bene non piangeresti mai.

Ella sollevò improvvisamente e fieramente la faccia, rossa per il pianto, e aprì la bocca per parlare, ma sentì Agada e Costanza rientrare, ed ebbe solo un fremito sulle labbra.

Quando tutti furono a letto — quella notte Salvatore non si lavò neanche i piedi — Agada domandò malignamente:

— Cosa hai detto a Cicchedda che piangeva?

Egli, che si dimenava e sbuffava più del solito, non trovando una posizione adatta dopo gli strapazzi di quel giorno maledetto, non rispose.

— Lasciami star la testa — disse poi. — Se oggi piange, domani riderà.

Parve addormentarsi, ma a un tratto ricominciò a torcersi, a sospirare.

— Se non dormi — fece — ho da dirti una cosa. Faresti bene a sorvegliare quella ragazza! — e sommessamente le parlò dei suoi sospetti.

Agada, mezz’addormentata, si meravigliò altamente ch’egli, dopo una giornata simile, si preoccupasse di certe cose, e le parve una sciocchezza occuparsi di Cicchedda, mentre si avevano ben altri grattacapi!