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— Cicchedda, Cicchedda! Io sono matto, io sono vecchio, e quanto parlo è mal detto. Così almeno dice zia Agada, mia moglie, che il diavolo la scortichi. Buona donna del resto; e tu devi ascoltare tutto ciò che essa ti avverte, perchè è per il tuo bene. Ragazza, fa da savia! Noi ti amiamo come figliuola, e vorremmo vederli sulla buona via. Ascolta i consigli dei vecchi; non dar retta ai tentatori.
— Ma che state dicendo? Io non ho tentatori.... — rispos'ella a fior di labbro, curvando la testa.
Il padrone continuò a farle la predica, sempre mangiando e bevendo: a un tratto la vide chinar vieppiù la fronte, fino a nasconder il viso su le braccia intrecciate, e credette d’averla annoiata; ma ben presto s’accorse che ella piangeva. Perchè si turbò come un bambino? Respinse il canestro e stette a guardarla trasognato.
Perchè piangeva quella sciocca? L’aveva offesa o toccata nel vivo forse?
Continuò a fissarla acutamente, con un’ombra fosca sul viso. Ella piangeva piano piano, amaramente, ma non era più il suo pianto sciocco ed infantile d’una volta. Era il pianto di chi soffre profondamente, e Salvatore conosceva troppo bene il mondo per non accorgersene. Così ripiegata, nella penombra giallastra della cucina, ella mostrava le larghe e belle spalle; e il velluto rosso della pala, nel lieve moto