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restò in cucina. Salvatore mangiava, prendendo il cibo da un canestro di pane e vivande posto sul davanti del focolare; le sue vesti fumavano al calore del fuoco e il viso gli si rifaceva sanguigno.
— Li avete ritrovati tutti? — arrischiò timidamente Cicchedda.
— Cosa abbiamo ritrovati tutti?
— I porci....
— Sicuramente.
— Ah sì? E dove? e come? — domandò ella con gli occhi luminosi, che dovette abbassare perchè Salvatore, fissandola acutamente, e in modo assai strano, invece di risponderle a proposito, le disse:
— E perchè ti sei messa a gridare vedendo Alessio? Perchè non hai gridato vedendo me?
Intanto divorava: ella esclamò:
— Oh, bella! Perch’egli è ferito e voi no. Eh, non avete neppur voglia di mangiare!...
— Che tu non possa mangiar più! Ferito! Ferito! Ferito un corno! È una graffiatura, e tu quasi morivi di spavento, figlia del diavolo! A me non la racconti giusta!
E continuava a guardarla con insistenza dentro gli occhi, dentro l’anima. Ella ne tremò internamente, ma rise e disse:
— Che matto voi siete!
Una strana melanconia apparve sul volto e nei torvi occhi di Salvatore; disse scuotendo la testa: