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e dietro gli indizi dati dal pastore, che diceva d’aver riconosciuto fra i ladri qualche paesano di Oliena, decisero subito qual via pigliare.

Il tempo incalzava; i cavalli furono spronati a sangue, ed Alessio aprì la strada. Ora discendevano; non si trattava di ritrovar la traccia dei ladri, cosa impossibile per la neve caduta nelle prime ore della notte, ma di attraversar loro la via, che secondo l’istinto dei barracelli, gente avvezza a simili operazioni, doveva essere fra le montagne di Nuoro e quelle di Oliena.

Scendevano quindi per il versante sud-est dell’Orthobene e la comitiva, composta di gente forte e coraggiosa, armata di tutto punto, era più che mai epica e bizzarra, sullo sfondo della gelida notte nivale e del paesaggio misterioso.

Verso l’alba il vento cessò, e il cielo si fece un po’ chiaro e diafano, ma il freddo diventò più acuto. Quando ad oriente, al disopra del mare, sulle vette di monte Pizzinnu, lo strano monte inesplorato, rifugio di banditi e di leggende, apparve una linea di cielo limpido, verdognolo, d’una indicibile tristezza, nunzio dell’aurora, giù ad occidente, verso il monte Gonare, l’orizzonte si aprì un poco, quasi per riflesso, e comparve la luna al tramonto, una luna bianca, la cui luce, spandendosi sul solenne paesaggio nevoso, sembrò uno sguardo di sovrumana melanconia. E fu un silenzio immenso, ineffabile, una fantasmagoria di boschi, rupi, picchi, val-