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scritta prima. Paolo le dava del tu. Una commozione violenta la prese; cominciò a tremar tutta, e gli occhi le si velarono di lagrime ineffabili: tutto, tutto svaniva davanti a quelle lagrime; anche la donna che pregava, che tanto l’avea fatta soffrire in quei giorni, anche essa spariva fra lei e Paolo.

Restavano soli: restavano essi soli davanti alla profumata sera di maggio, sotto il gemmeo occhio di Venere, sotto la luce perlata dell’infinito: e le anime loro s’incontravano, si stringevano nell’amplesso divino di un amore perfetto e sovrumano.

«Elena, Elena — scriveva Paolo, ed ella sentiva tremare un poema di lagrime, di baci, di carezze, di parole, di poesia e musica celestiale — grazie, grazie, grazie, mia grazia infinita! Se tu sapessi, se tu sentissi qual tuffo di gioia ho provato oggi aprendo la tua lettera e vedendoti venire a me libera, intera, sorridente e serena!...

«Tu mi hai scritto il giorno stesso del mio compleanno; sentivi forse che l’anima mia volava a te e ti avvolgeva in una carezza immensa?

«Elena, non t’offendano mai le volgarità della vita. Levandoci su, correndo dietro ai nostri affetti, ai nostri alti sogni, alle nostre profonde visioni, non sentiremo più nulla di ciò che ne opprime e molesta. Ma quando alcun peso della vita t’aggraverà, non celarmelo, e non temere che