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ed a lasciarsi dominare dalla moglie — sembrandogli che la sua sposa sentisse più attaccamento per loro che per lui. Ella, urtata, cominciò a sua volta a non voler bene alla suocera e alle cognatine; non voleva più recarsi da loro.

E Cosimo, guai a toccargli la madre e le sorelle: di qui cominciavano i litigi — assai presto, pur troppo! — avvalorati poi da altre ragioni più serie e profonde.

Cosimo cadeva in tremendi malumori; più che mai trascurava i suoi pochi affari e riprendeva la vita scorretta menata da scapolo. Non ricordava più Maria e la fugace passione provata per lei, ma qualche volta quando i modi di sua moglie lo rendevano infelice, fra i torbidi pensieri tornava ad apparirgli con dolci sfumature la visione luminosa intraveduta l’ultima notte di carnevale, fra la divina musica di Gounod.

Non si sentiva felice. Amava certo Peppina, bella e sana, ma le anime loro non s’incontravano, non si fondevano; e siccome egli provava talvolta anche raffinati bisogni spirituali, si sentiva incompreso, deluso e triste. L’urtava l’ignoranza e la volgarità di sua moglie; persino la sua eleganza gli sembrava una vuota e piccola volgarità.

Le Bancu sapevano di questi dissapori, e mentre donna Francesca faceva il possibile per spegnere questi piccoli fuochi, Elena e Giovanna ne soffrivano assai.