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Siccome vociava, la suocera si scandolezzò, volle rabbonirlo, ma egli scappò via pensando: — Ah diavolo! Vorrei che mia moglie restasse un po’ a casa! — Un po’ inquieta Peppina ritornò subito, ed egli continuò le sue proteste.

— Puoi alla fine abituarti a star lontana dalle gonnelle di tua madre: puoi almeno far restar a casa la domestica! Oggi io ho fatto una cattiva figura.... avrei pagato non so che per evitarla!

Per un poco ella lo lasciò dire, ma ad un certo punto scattò:

— E tu non sei sempre da tua madre? Ci vai persino quattro volte al giorno!

Cosimo strinse i denti per la stizza, ma non rispose: se la prese invece con la domestica, e quasi quasi la mandava fuori a pedate.

E Peppina, che sotto l’epidermide bianca e tranquilla celava il mistero di una bile raffinatissima, quella notte non volle andar dalla suocera, ma si mise presto a letto. Cosimo allora restò fuori fino alla mezzanotte: ella ne pianse di dispetto, e l’indomani non volle levarsi, fingendosi sofferente; i due sposini rifecero la pace. Ma la luna di miele ormai era rotta e tramontata.

Peppina continuò a recarsi ogni giorno dalla madre, trascurando le cure della sua casa nascente, e Cosimo sentì crescere l’antipatia per la suocera e per il suocero — uomo bravo, ma buono soltanto a compiere i suoi doveri d’ufficio