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di rispondere all’ultima lettera, anzi, poichè le dava una sensazione spiacevole e dolorosa, la nascose senza rileggerla. Così passò tristemente il resto della settimana.
Ogni notte Cosimo e la sposa venivano da donna Francesca. Peppina aveva smesso un po’ del suo rigido contegno, però Elena non riusciva ancora a indovinarne il carattere ed i pensieri. Era o no una sposa felice? Amava o no suo marito e la sua nuova famiglia? Non era facile indovinarlo. Parlava sempre di cose frivole o di pettegolezzi, dimostrandosi ignorante e maligna, difetti che Elena le aveva già scoperti da molto tempo.
Fin dai primi tempi dopo le nozze, Cosimo aveva dimostrato la sua avversione per la suocera; non andava mai a trovarla, e pretendeva anzi che Peppina si recasse di rado in casa sua. Di qui cominciarono i malumori. Una sera egli incontrò un cliente per via, ma tornando a casa trovò la porta chiusa, la padrona e la domestica assenti, e fece una bruttissima figura. Si recò infuriato dalla suocera, e chiese di mala maniera la chiave a Peppina.
— Non l’ho. L’avrà la domestica, che si sarà recata alla fontana....
— Ah, bel modo questo di governar la casa! — scappò detto a Cosimo. — La casa d’un avvocato deve restar sempre aperta! Voglio che la mia porta sia sempre aperta.