Pagina:Il tesoro.djvu/19


— 9 —


diva la truffa, lo divertiva immensamente. E spiegò la cosa a sua moglie.

— Ecco qua, credono ch’io mandi il denaro subito, stupidi che altri non sono! Ma dove diavolo hanno pescato ch’io esistevo?

— Ci vorrebbe molto denaro?

— Per che cosa?

— Per far venire le due donne....

Salvatore guardò sua moglie e s’adirò.

— Sta a vedere che ci pensi, sciocca ignorante! Fammi il santissimo piacere di lasciarmi dormire!

E gettò in aria la lettera; Agada la raccolse umilmente e se ne andò via senza pronunciar sillaba; ma scendendo la piccola scala di pietra cominciò a sospirare e a rattristarsi.

La scaletta finiva al pianterreno della casa, ov’erano due stanze e una specie di portico nel quale Agada e Costanza la nipote si sedevano in estate per lavorare. La casella, di pietra e fango — un’antica e solida costruzione, fatta grigia dal tempo — aveva una cert’aria pittoresca, con le finestre e le porte piccolissime, un balcone di legno al primo ed ultimo piano, e l’arco di mattoni crudi del portico. Davanti le si stendeva un piccolo cortile, lastricato di ciottoli, che bisognava attraversare per giungere alla cucina, alla dommo ’e mola, cioè alla stanza della macina (dove un asinello girava perpetuamente intorno ad una mola latina) e ad una tettoia ben