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desideroso e bisognoso d’affetto, che si rivolgeva a lei come ad una figlia lontana, e le apriva tutta l’anima sua, e le confidava tutto sè stesso, che scrivendo con profondità ed affetto paterno le chiedeva come una grazia di non dimenticarlo e volergli un po’ di bene, la attirava dolcemente a sè, destandole un affetto figliale, puro e sincero.

Da lontano s’erano conosciuti meglio; era l’anima che oramai parlava nei brevi foglietti scambiati a lunghi intervalli; l’affetto cresceva, e Paolo non si ricordava di Giovanna che per salutarla.

Ma in quest’ultima lettera, giunta con più sollecitudine delle altre, anche di ciò s’era dimenticato: diceva d’esser un po’ malato e di sentirsi grandemente triste nella sua solitudine.

«Come l’ho desiderata, come la desidero vicina, Elena! Come dopo la sua ultima lettera, ove vedo tutta l’anima sua buona e profonda, sento di volerle bene e di non poterla dimenticare mai più.»

Poi: «Non mi dimentichi: preghi per me, per la mia salute: le preghiere di un’anima come la sua devono esser dolcissimi comandi per il Signore».

Poi: «Mi porga le sue manine, non le ritiri più come faceva una volta, non abbia alcun timore di questo vecchio malato e solo, che l’ama come una figlia da cui è inesorabilmente separato, che ripone oramai gran parte della sua