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deva accanto corteggiandola, le si avvicinò suo padre dicendole:
— Vogliono che tu canti l’Ave Maria di Gounod.
Ella lo guardò meravigliata, poi ricordò che nel villaggio delle montagne la signora del pretore le aveva insegnato l’Ave Maria di Gounod, e sorrise.
— Ma chi ha detto ch’io la sapevo?
— Io.
— Fa piacere a te?
— Sì.
— E allora anche a me.
S’alzò e gli prese il braccio sorridendo, ma in fondo alla sala vide Cosimo seduto al piano, e poco distante la fidanzata, assisa nella gloria del suo vestito bianco e dei suoi gioielli, e di nuovo si sentì morire.
Cosimo le accennò cortesemente di sedersi, ma ella volle star ritta, quasi appoggiata alla parete, seria e pallida nel suo gran velo un po’ scomposto.
Quasi tutti gli invitati s’aggrupparono intorno, e fu un chiacchierìo alto, pieno di risate, smorzato dagli accordi del piano, a cui Cosimo mescolava capricciosamente delle strane semicadenze che a Maria parevano singhiozzi sommessi.
— Siamo pronti — le disse, senza guardarla. E attaccò.
Fu allora un gran silenzio per la sala: parve che tutto il freddo e grigio silenzio dell’alba,