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portava in sè qualcosa di misterioso, che sfuggiva persino all’attenzione continua e delicata di suo padre. Sua madre, figlia di una aristocratica famiglia sarda, aveva amato Peppe Spina per pura fatalità: fuggita con lui, l’aveva sposato, ed era morta diseredata e rinnegata dai suoi prima di conoscer le amare delusioni di certe unioni romantiche. Ma era morta innamorata ancora, e la sua gracile creatura aveva ereditato, insieme ad una delicata signorilità di pensiero, di fisionomia e di modi, una fatale potenza d’amore.

Maria aveva trascorso l’infanzia in un borgo delle montagne, davanti a paesaggi alti e silenziosi, in una solitudine melanconica e solenne.

Suo padre, uomo più tosto lieto e felice del suo stato, le aveva fatto da maestro; quindi la sua coltura non poteva dirsi molto vasta e profonda, e neppure la sua intelligenza era molto grande, ma possedeva una profondità di pensiero quasi sorprendente per la sua età.

Appena scesi a Nuoro, ella s’era affacciata alla finestra dell’appartamento pulito e modesto, e aveva visto Cosimo Bancu: e quella fisionomia pallida e ardente, quel profondo sguardo magnetico subito l’avevano avvinta.

Piana,1 la grossa domestica che l’aveva allevata e la seguiva dovunque, si accorse subito di qualche cosa, e cominciò a sgridarla perchè

  1. Cipriana.