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cattivo, altrimenti vengono le bestie cattive e ti mangiano....

— Dove sono le bestie cattive? — disse Domenico con spavalderia. — Se vengono Alessio prende il fucile e le spara! — Chiamava il babbo col suo nome e gli dava del tu, come spesso usava con gli altri. Agada s’ostinava ad insegnargli l’Ave, ma non ci era verso; alfine egli chinò la testina sul seno della zia e disse:

— Dov’è Cicchedda, quando ritorna? Se non ritorna ancora vado io a cercarla....

— Senti, senti, vengono! — esclamò Agada, come accennando ad un rumore lontano.

— Vuoi più bene a me, a Costanza o ad Alessio?

— A Cicchedda! — diss’egli vivamente; — e non si chetò finchè non rivide la ragazza: le si aggrappò alle gambe, emettendo grida di gioia, e chiedendo il pulcino e la tortora.

Ella gli portava invece un passerotto mezzo morto di fame e di spavento.

— Ecco la tortorella, uccellino mio, — disse prendendo il bimbo in braccio e baciandolo; — il pulcino non l’ho portato perchè le galline nostre l’avrebbero ammazzato per gelosia.

— Che sciocchezze dici al bimbo — disse Agada. — Perciò sta diventando matto come te!

— Matta sei tu, Agada Brindis! — gridò Domenico stringendo l’uccellino nel pugno. Le donne risero; e Cicchedda gridò: