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questa cosa. — Trasse di tasca un fazzoletto di colore, e lo mise in mano alla maga, che lo strinse nel pugno.
— È un fazzoletto — disse, pur tenendo gli occhi chiusi.
— Di chi è?
— D’un uomo.
— Mi vuol bene quest’uomo? — chiese la fanciulla, arrossendo.
— Quanto ne vuole a me!
La risposta rattristò Cicchedda. Riprese il fazzoletto e, chinandosi sulla maga, che s’agitava e gemeva quasi cercando di sottrarsi alla suggestione, domandò timidamente:
— Chi sposerà?
— Non lo so.
— Chi sposerà? Rispondetemi!
— Una ragazza povera.
— Molto?
— Molto.
— Dio, Dio mio! — sospirò la fanciulla.
— Sarò io? — domandò.
— Non lo so, non lo so. Vattene.... — disse zia Marta con stanchezza, e non fu possibile a Cicchedda di saperne oltre: ma credeva saperne abbastanza, e un profondo sentimento di dolore e speranza la vinceva tutta.
— Addio! — disse, e pensando a quanto Costanza non avea pensato, mise qualche moneta di rame sotto il guanciale della zia.