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che Paolo fosse, fra le altre cose, un grande egoista. Tuttavia sentì che la sparizione del vecchio amico lasciava un vuoto nella sua giovine vita: un vuoto nella sua ingenua vanità. Per confortarsi pensò ancora che Paolo era vecchio per lei, che non l’avrebbe mai amato volentieri; ma queste considerazioni, anzichè diminuire, accrebbero la sua infantile melanconia.
E fu così che, come ultimo tributo al suo primo amore nato morto, si lasciò cader due grosse lagrime, risplendenti come perle al riflesso del raggio di Venere stella.
VI.
Una mattina di settembre Costanza Brindis e Cicchedda si recavano per tempissimo ad Oliena, cavalcando entrambe sullo stesso cavallo. Non era il famoso cavallo nero di Salvatore, ma la placida acchetta castana di Alessio. Salvatore non cedeva mai, neppure alle sue donne, il cavallo favorito, mentre il nipote prestava con buona grazia la sua cavalla. Egli possedeva una specie d’allevamento equino: ogni anno vendeva due o tre cavalli, tenendo gli altri al pascolo delle sue tancas, e, oltre la sua acchetta favorita, li prestava volentieri agli amici ed ai parenti.