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e gliela strinse. Ma Cosimo le disse: Perchè non accendi i lumi? — Allora la giovane si rizzò subito sulla punta dei piedi, s’avviò e urtò una poltrona contro l’avvocato.

— Oh, scusi! — esclamò egli, e Giovanna gli rise in faccia, perchè veramente toccava a lei scusarsi.

— Ah, — disse Peppina, col suo riso di cristallo rotto, — perchè fai luce, Giovanna? Si vede ancora: è più poetico così!

— Ah! — fece fra sè Giovanna, imitando beffardamente il riso dell’amica. — Perchè sarebbe più poetico?

E accese tutti i lumi. Nella finestra tremolava ancora il crepuscolo, e in lontananza, su una striscia di cielo rischiarato, si delineavano nitide e oscure le ultime montagne dell’orizzonte. Giovanna si fermò a guardare, e fu ripresa da una grande, intensa tristezza.

Cosimo e l’amico attaccavano con violenza il preludio dei Cacciatori, le note del piano e i trilli dei violini si fondevano in un fragore speciale che pienava il salotto fin dentro i cassettoni dei tavolinetti. In questo preludio si doveva sentire il solenne e selvaggio paesaggio delle montagne del Gennargentu, ove i mufloni, i cervi ed i cinghiali abbondano: il violino doveva specialmente profilare le alabastrine cime nivali, riprodurre l’acuto profumo dei rododendri: la nota pedale