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dare le assegne del prezzo col quale intendevano vendere il loro pane settimanalmente, e fatto elenco di queste, si contentò annunziarlo al pubblico facendo maggior rilievo delle assegne a prezzo minore. Finalmente dopo alcuni mesi cessarono pure queste inutili sollecitudini, e non restò che l’obbligo di tenere affisso in luogo visibile della bottega il prezzo che ciascuno assegnava alle singole qualità di pane.

La libertà di panificare a conto e rischio dell’industrioso, fu così assicurata, e confusa col libero corso nel movimento oscillatorio di ogni altra merce, e derrata. Si aperse l’adito alla concorrenza, e si accrebbe il numero dei forni. Si sviluppò la squisitezza del gusto, e si ampliò, e migliorò il numero, e le qualità di pane, come furono introdotti alcuni sistemi nuovi di lavorazione. Ciascun fornaio, come ogni altro negoziante, attendeva ad ottenere il maggiore smercio di pane da cui il reale guadagno, e da ciò la nettezza, la pulizia, l’eleganza dei fondachi, la bontà il minor prezzo possibile della merce. Aperti crediti alle fonti bancario, raddoppiarono il capitale dei loro negozii, e con questo sovvennero i venditori di seconda mano; e così offersero ad altri un mezzo d’industria. Con lo stesso mezzo favorirono l’importazione dei grani, e via via si adopravano a cuoprire un bisogno dello stato tanto doppiamente sentito, quanto più la pastorizia va