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di que’ tanti sacerdoti intervenuti dovesse sentir la curiosità di possedere quella dissertazione. Habent sua fata, non solo libelli, ma anche quaestiones. Quantunque l’Alighieri nel 1320 non fosse certo un ignoto, quantunque l’argomento fosse ghiotto, quantunque le città ove si agitò la disputa si distinguessero entrambe pel culto a’ buoni studî, quantunque in Verona v’assistesse così gran pubblico, non uno degli storici o degli scienziati del tempo serbò memoria di quel fatto, non uno dei biografi di Dante, neppur coloro che come Mario Filelfo ebbero vaghezza di donare all’Alighieri quante più opere fosse possibile, non uno, ripetiamo, dei biografi antichi di Dante ebbe contezza di quella disgraziata Quaestio. Di codici che la rechino non v’è neppure da parlare. Ma a dir le fortune che toccano a certuni! Quasi due secoli dopo, il padre Benedetto Moncetti da Castiglione Aretino, agostiniano, scopre l’autografo della Quaestio, sepolto in non si sa quali scrigni impenetrabili, ed egli lo pubblica in Venezia, co’ tipi di Manfredo da Monferrato, in sullo scorcio del 1508. Nota peraltro vanità ed imbecillità d’editore! Non contento d’aver tra le mani un autografo sicuro dell’Alighieri (il che anche in sull’alba del cinquecento non sembra accadesse tutti i giorni), il Moncetti, lungi dal comunicarci tal quale quello scritto, si prende l’arbitrio di correggerlo «diligenter et accurate», come dice nel titolo, di castigarlo ed elucubrarlo, come confessa nella seguente ciarlatanesca nota finale:


([Ad Lectorem

Habes, candide lector, questionem perpulchram Dantis Poetae Florentini de duobuos elementis, videlicet aquae et terrae diserentis, castigatam, limatam, elucubratam a Reverendo patre magistro Benedicto de Castilione Arretino artium liberalium excellentissimo: ex hoc opusculo mirificam doctrinam carpes, que (ut autumo) mentem tuam oblectabit. Nocte et diu hoc opusculum perlege; non fronte coperata sed vultu sereno diligenter hoc opusculum evolve, quo perlecto animus tuus variis rebus saturabitur. Quemadmodum principes non uno ferculo, sed plurimis eduliis opiperatis satiantur, eapropter Dantes poeta florentinus et philosophus divinis laudibus est extollendus, qui non solum lingua vernacula sed etiam litteratura monumenta scitu digna posteritati reliquit: ideo Grammatici Poetae Oratores celeberrimique philosophi Dantem Poetam clarissimum atque philosophum excellentissimum elloquio pierio deberent extollere, qui Tonantis, Purgatorii, Plutonis, terra et aquae sedes, ingenio divino exaravit1.

  1. A c. 12 r dell’ediz. principe, prima dell’Impressum fuit Venetiis per