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18 | LUZIO-RENIER | [142] |
Premisso servitutis officio, salutem. Per havere veduto che V. Ex. sempre è stata honoratissimo domicilio di virtuosi e singular presidio a quelli e sempiterno aiutorio di servi suoi, che mai nè intervallo di tempo nè distantia de luogo ha mai seperato quello che inverso el servo fa el padrone eterno e de memoranda fama vestito, pertanto me a dato audacia la florida speranza qual sempre ho hauto in V. Ex. de recorrere a quella e humilmente a li suoi piedi suplicare, che vogli per questa volta queste tre gratie concederme. Prima, che se degni questa mia lettera leggere, e un poco più che ’l solito drento da sè con carità receverla. La seconda che se degni de mandarmi una littera di favore calda a messer Bernardo Cardinale da Bibbiena, che Sua S.ria se degni per amor vostro apresentare questa mia opera quale ho fatta in laude del Pontefice: nella quale metto Sua Sanctità ha a recuperare el perduto stato della virtù, e quivi vi metto V. Ex. regina de tal carro, e questo sopra la expositione del Psalmo Beati immaculati in via; tanto che quando pel mezzo de V. S. possesi stare cum Sua S. R.ma a me sirebbe precipuo beneficio, da poi che l’atroce fortuna me ha in precipitoso scoglio gittato. Dato che quando lui era in minoribus per amor vostro me habbi fatto sempre bona cera e prestato gran favore; pure adesso tali cappelli in tal modo ombreggiono che tutti i fiori non se cognoscono. La terza si è che ricorro humilmente un’altra volta a’ piedi di quella, suplicando se degni di farme tanto di elemosina che io possessi comparare una cavalcatura e ch’io possessi stare un mese in Roma, la qual cosa a me varrebbe più che un pozzo d’oro in questa mia extrema miseria che ho in pegno infino al core. E questo vorrei per fare doi effecti grandi: prima, se io possessi mediante il favori di V. S. da tanta miseria levarmi mostrando qualche virtù che per el mondo con tanto sudore ho acquistato; l’altro si è che io vorria fare stampare questa opera del Psalmista, quale ho composto in laude di V. Ex., de la quale opera ve ne mando al presente per questo mio nepote dieci quinterni, li quali quanto so e posso suplico li vogli far transcorrere. Io ce ho pensato già anni otto e ho cavato di ducento vinti dua expositori el fiore, e questo per fare immortale Sua Excellentia: cosa che mai più fu atentata nella Chiesa di Dio nè exposta. L’opera serà grande doi volte più che non è Virgilio, overo Dante: passarà più di cento e trenta quinterni insieme co la cantica di Salamone, dove introduco V. Ex. triomphare sopra septe carri delle septe arte liberale. La qual opera non vorrei che per povertà così miseramente se perdesse. Dove humilmente suplico a piedi di quella che vogli far conto di recuperare un servo suo che è in miseria caduto; e ogni piccola cosa a me sirà gran.mo relevamento, aciò questa opera non vadi male, che quando V. Ex. e col favor suo se possessi commettere che a’ Vinetia se stampasse, sarebbe cosa dignissima, e colui che la stampasse aguadagnerebbe assai, perchè me basta l’animo a me solo in termine de doi mesi farne spacciare quattrocento volumi a un ducato l’uno, perchè ogni homo l’adimanda e tuti con sommo desiderio l’aspectano; ma la povertà e miseria mia venire a questo passo nol comporta, maxime per una infermità quale m’ha snervato e le forze e la borscia, e hamme condocto in questa prosuntione de andare per mendicata suffragia a questo e a quello. Sì che V. S. harà compassione