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[133] VARIETÀ 9

cosa alcuna che fosse, anche in bocca d’un uomo superiore, assolutamente inverosimile. Se il falsificatore fu veramente il Moncetti, ciò dovette riuscirgli meno arduo che ad altri, perchè egli era tutto imbevuto di scienza medievale1.

In questi ultimi tempi i sospetti si aggravarono sul capo dell’editore cinquecentista, che scopre un autografo dantesco ignoto e poscia non più veduto da alcuno, che comunica al pubblico uno scritto di Dante di cui nessuno aveva prima avuto notizia, che abusando della propria fortuna ha l’ardire di metter le mani in quel testo prezioso e di rimaneggiarlo, facendosene bello come d’una benemerenza. In cinque densissime pagine il Bartoli espose, con la consueta lucidità ed efficacia, le ragioni per cui ritiene la Quaestio un apocrifo dovuto al Moncetti2, e la sua argomentazione convinse interamente lo Scartazzini, che passò a questo riguardo dalla fede più inconcussa3 al più deciso scetticismo4. Dopo aver riferito le parole del Bartoli, egli conclude che se la Quaestio non fosse stata così rara ed i dotti avessero avuto agio d’esaminarla «si sarebbe senza dubbio sciupato meno carta per commentarla e farvi sopra delle dissertazioni». Aggiunge che se anche venisse fuori qualche ms. del sec. XV, la questione non sarebbe decisa in favore dell’autenticità, giacchè «per ammettere che la Quaestio sia un lavoro di Dante bisognerebbe ammettere un miracolo». Apertamente negativo è pure Corrado Ricci, che ripete, allargandoli, gli argomenti del Bartoli5 e cerca di dimostrare l’alibi, giacchè ritiene che Dante dimorasse stabilmente in Ravenna negli ultimi anni suoi.

  1. Questa, a parer nostro, è la principal ragione per cui egli «potè scrivere così nel senso di Dante e con le parole di Dante», ciò che faceva inclinare il Gaspary, Storia, I, 462., a ritener autentica la Quaestio. Del resto la innegabile identità di molti concetti rimarrebbe pur sempre strana in uno scritto che fra Benedetto conferma d’aver corretto ed elucubrato.
  2. Storia, V, 293 sgg.
  3. Dante, Milano, 1883, II sgg. e I, 122 e 124.
  4. Prolegomeni della Div. Commedia, Leipzig, 1890, pp. 409-415. I concetti ivi esposti sono da lui ripetuti nel Dante-Handbuch, Leipzig, 1892, pp. 370-74.
  5. L’ultimo rifugio di D., Milano, 1891, pp. 40-47. Nei Commentari dell’Ateneo di Brescia, 1890, pp. 54-76, Emilio Lodrini inserì una memoria intitolata Se l’opuscolo «Questio de aqua et terra» sia da attribuirsi a Dante Alighieri. Egli viene a conclusioni del tutto negative, adducendo anche argomenti intrinseci nuovi e mettendo in chiaro la meschinità dell’opuscolo,