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che metteva un piede dentro una fossetta, andava in terra; ma lavorava più di tutti quantunque il sudore gli infradiciasse la camicia come se avesse preso la pioggia. Falciando, teneva la testa bassa e sorrideva. Lorenzo stava accanto a lui e badava di non restare a dietro. Poi, veniva Tordo; che cercava di fare più lentamente; tanto più che Berto, di quando in quando, si fermava con le mani sui fianchi. Allora anche gli altri, per non fare la fila storta, dovevano fermarsi; e soltanto Picciòlo era il primo a rimettersi a lavorare. Berto diceva:

— A me non va! Accidenti al fieno e a chi lo mangia! Almeno, il grano non è per le bestie!

Egli, per durare meno fatica, non mandava la falce rasente la terra; e, dove non era piano, ci lasciava almeno un quattro dita di fieno. Picciòlo guardando quelle strisce più alte, che davano nell'occhio anche di lontano, borbottava; ma il figliolo non voleva che ci mettesse bocca e gli diceva che stesse zitto perchè era cosa che non lo riguardava. Il vecchio rispondeva:

— Ma io lo dico per mio scrupolo di coscienza! Non è grazia di Dio anche il fieno? E, poi, questa lupinella è così tenera che a frullanarla non ci si ammazza come quando si trova il seccume. Basta avere un poco di pratichezza!