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scinandosi con l'idea di litigare battendolo sulla nuca; quand'era voltato a lui, invece, sfuggiva i suoi occhi, non rispondendo mai come il giovane avrebbe avuto piacere, provocandolo o con il silenzio sospettoso o fingendo di capire a rovescio; per essere ripreso e rimproverato.
Remigio ci pativa, e se con dolcezza gli spiegava quel che aveva voluto dire, l'assalariato mostrava di non essere contento; e, qualche volta, addirittura, disapprovava bestemmiando. E vedendo che Remigio ne restava confuso e mortificato, diceva:
— Ora non venga a rifarsela con me; non mi dica niente, perchè io non intendo d'essere rimproverato da nessuno.
— Ma l'ultima parola voglio dirla io, perchè sono il padrone,
— Come sarebbe a dire? Non c'è bisogno d'insistere tanto a lungo, mi pare. Ma, del resto, io non costo niente; e quindi può trattarmi come crede.
— E chi t'ha trattato male?
— Io non lo so: non sta a me farglielo rilevare.
— Dimmi di quel che ti sei offeso.
— Oh, io non ciabo più! Faccia in un altro modo, però; se vuole stare d'accordo con me, e se vuole che io non me ne vada.
Remigio trovava in quest'ultima uscita una specie di dignità, che poteva forse di-