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luto appoggiarsi a una sedia. Ma sedie, all'infuori di quella dove stava il vecchio scrivano, non ce ne erano. Da un rettangolo sul muro, meno polveroso e meno sudicio, si capiva che ci doveva essere stato, qualche volta, un canapè.

Giulia aveva da vero un poco di febbre, e le era venuta una bolla sotto il labbro.

L'avvocato Boschini fece passare le due donne in un'altra stanza; e, informatosi con poche parole, all'incirca, di quel che si trattava, disse disfacendo tra le dita la sigaretta insalivata:

— Se non c'è testamento in suo favore, è impossibile ottenere niente; almeno che — proseguì, invogliato di fare una causa come non gli capitava più da qualche tempo — ella non porti qui due testimoni che possano dire, per esempio, che il signor Giacomo Selmi, prima di morire, un dato giorno, ha dichiarato in faccia a loro di essere debitore verso di lei di una certa somma prestata, e che ha obbligato a pagarla il suo erede... Come si chiama?

— Remigio!

Egli si rivolgeva sempre a Giulia, e mai a Fosca; che, del resto, s'era distratta pensando: «Anche gli avvocati, con noi poveri, si comportano come tutti gli altri. Questo non ci dà nè meno da sedere!»

Ma il Boschini, dopo aver suggerito que-