Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 25 — |
luto appoggiarsi a una sedia. Ma sedie, all'infuori di quella dove stava il vecchio scrivano, non ce ne erano. Da un rettangolo sul muro, meno polveroso e meno sudicio, si capiva che ci doveva essere stato, qualche volta, un canapè.
Giulia aveva da vero un poco di febbre, e le era venuta una bolla sotto il labbro.
L'avvocato Boschini fece passare le due donne in un'altra stanza; e, informatosi con poche parole, all'incirca, di quel che si trattava, disse disfacendo tra le dita la sigaretta insalivata:
— Se non c'è testamento in suo favore, è impossibile ottenere niente; almeno che — proseguì, invogliato di fare una causa come non gli capitava più da qualche tempo — ella non porti qui due testimoni che possano dire, per esempio, che il signor Giacomo Selmi, prima di morire, un dato giorno, ha dichiarato in faccia a loro di essere debitore verso di lei di una certa somma prestata, e che ha obbligato a pagarla il suo erede... Come si chiama?
— Remigio!
Egli si rivolgeva sempre a Giulia, e mai a Fosca; che, del resto, s'era distratta pensando: «Anche gli avvocati, con noi poveri, si comportano come tutti gli altri. Questo non ci dà nè meno da sedere!»
Ma il Boschini, dopo aver suggerito que-