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con un'aria risoluta e indispettita; senza nè meno avvicinarsi al letto:

— Vuol chiamare due persone, perchè non mi sia negato quel che mi si spetta?

Giacomo, dopo un urlo che fece capire quanto fosse atroce il suo spasimo, le rispose:

— Io farò testamento. Chiama il notaio per stasera. Il Pollastri: lo sai.

Allora, ella, data prima un'occhiata arrogante alle tre donne, uscì.

Ma il Pollastri era a fare un altro testamento; parecchie miglia distante dalla città; e fino al giorno dopo, forse, non sarebbe tornato: Giulia l'attese invano, fino a buio, seduta sopra una seggiola, morsicandosi le labbra.

La mattina dopo, Giacomo era già in agonia; e quando tentava di dire qualche parola, nessuno lo intendeva.

Da tutte e due le finestre aperte, l'aria odorosa della primavera entrava nella camera. Le anatre schiamazzavano, sguazzando nel fango del fontone; e le galline, che nessuno s'era ricordato di governare, crocchiolavano forte. Un lungo suono di campane scivolava per il cielo; da Siena alta, già verso la Val d'Arbia. Un mucchio enorme di nuvolette rosee si radunò sopra i pioppi della Tressa, come richiamato da quel suono.

Passavano i barrocci e le diligenze.