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Berto, si ritenne già provocato, e rispose:
— Io, per ora, sono più giovane che vecchio; e, perciò, non ho nessuna paura ad ammazzare anche un uomo!
E saltò a sedere sul pozzo, incrociando le braccia. Picciòlo, allora, disse ai suoi figlioli:
— Perchè non cavate il vitello? Un poco d’aria libera gli farà bene. È stato, fin ad ora, sempre nella stalla.
Benchè lo reggessero in due, il vitellino entrò nell’aia a lanci; e sarebbe scappato dal cancello, se Tordo non l’avesse chiuso prima. Picciòlo, vedendolo gagliardo a quel modo in faccia agli altri assalariati, pareva briaco dalla contentezza; e cercava di abbracciarlo e di accarezzarlo. Ma il vitellino gli dava certi urtoni che lo facevano sempre barcollare; quando non trovò dove appoggiarsi con un braccio, ruzzolò a gambe ritte. Si misero a ridere tutti; anche Lorenzo che lasciò la fune.
Il vitellino, allora, saltò una siepe, rasente la parata, e si dette a scorrazzare per il podere. Si fermava ai filari delle viti; fiutava i pampini come se avesse voluto farne una boccata; ma, dopo aver finto, di fermarsi, ricominciava a scappare, troncando e pesticciando i saggineti lasciati per seme. Gli occhi gli scintillavano; e rizzava la coda
Tozzi. Il podere
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