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per forza, troppo tardi; contro la sua volontà. La cancrena gli si spargeva nel sangue, ma si ostinava a ritenersi più forte di essa; con una fiducia, quasi superstiziosa, soltanto in se medesimo. E troppo sdegno aveva sentito contro Remigio; perchè, proprio in punto di morte, si disponesse a mostrarglisi grato d'essere tornato appositamente alla Casuccia! Del resto il suo cervello si alterava con il male, e il suo discernimento si faceva indeterminabile.

Intanto venne il chirurgo Umberto Bianconi; uno dei più reputati a Siena; ma non valeva gran che: aveva fatto carriera presto perchè suo padre insegnava all'università. Piccolo e magro, una barbetta castagna, brutta, quasi cappuccinesca, con gli occhi neri, dov'era un sorriso di astuzia, da scimmia, un poco miopi, mai fermi, quand'egli parlava si baloccava a lisciare con l'unghia d'un pollice quella dell'altro, e non guardando mai in viso, ma sempre intorno. Maligno e maldicente, anche senza ragione, a motivo della sua falsa gentilezza, s'era fatto nome di buono e di modesto, e faceva pagare tali conti che gli procuravano un rispetto sempre maggiore.

Quando c'era un moribondo abbastanza ricco, magari come Giacomo, non aveva nessuno scrupolo a raddoppiare le visite; ordinando rimedi che non servivano a niente.