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a rimandare di due mesi la causa; e Remigio sperava che finisse senza che Giulia vincesse. Ma, intanto, s’aggiungeva anche la querela di Chiocciolino; e capiva che quattro assalariati, con un ragazzo, non potevano fare in tempo tutte le faccende. C’erano restate le viti da sarchiare: una vergogna grossa; e le viti pativano, piene di succhioni più lunghi dei tralci, con i filari empiti di erbacce. Tutti le vedevano, e pareva che non avessero padrone! La terra, restata soda, vi nascevano le canapicchie e gli stoppioni.
Lorenzo l’aveva arata soltanto dov’era meno faticosa, perchè le vacche sarebbero crepate dalla fatica; anche se non avessero avuto poche settimane alla figliatura. Ci sarebbe voluto un paio di bovi, di quelli grossi! Giacomo li comprava sempre, tutte le primavere; quando non mancava da governarli a piacere con l’erbaio; senza manomettere il fieno, e li rivendeva quando l’erba nei campi cominciava a finire. Allora, le vacche potevano riposarsi; e figliavano bene! Tutti gli anni due vitelli! Le mandava al pascolo, giù tra i pioppi, dove l’umidità della Tressa faceva crescere l’erba più alta; e mangiavano quanto volevano. Tornavano su gonfie! Quest’anno, invece, erano magre e sciupate. Stronfiavano anche a tirare il carro; e Lorenzo aveva avuto paura che