Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
—164— |
la gente! Ma se ci fossi stato io, si chetavano tutti! A me, invece, questo modo di fare m’è venuto a noia!
— Io sono vecchio, e se ne approfittano.
— Un’altra volta, mandate a chiamare subito me.
— E ti vorresti compromettere per niente?
— State zitto! Se no, mi fate arrabbiare sul serio anche voi!
Picciòlo, intanto, aveva già fatto fare da Dinda un beverone caldo, con la semola; portò il paiolo giù nella stalla e lo mise sotto il muso del vitello. Ma il vitello ci si avvicinava e poi faceva uno scatto indietro. Picciòlo si disperava, quasi piangeva. Poi, posò il paiolo su la paglia e si mise a grattare con le unghie tra le corna del vitello, per fargli il solletico; poi, gli accarezzò il collo e si mise a fischiettargli. Ma la bestia non capiva, e si tirava addietro.
— Sant’Antonio benedetto! Se tu non mangi, mi spacco la testa alla mangiatoia.
Anche Dinda andò nella stalla; s’annodò il fazzoletto sotto il mento perchè non le scivolasse, abbracciò al collo il vitello e lo trascinò verso il paiolo.
Disse il contadino:
— Tutto sta che l’assaggi!
— È quello che penso anch’io. Tu alza il paiolo.
Allora, Dinda gli ci ficcò il muso. Il vi-