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che paiolata di semola calda, non si riconosce più. Ora è stanco! Certo, se gli dessi l’erba, gli farebbe sciogliere il corpo! Ma ci penserò io! L’ho comprato io, e l’assisterò io, se il Signore e sant’Antonio benedetto sono contenti che il padrone ci possa guadagnare quando sarà cresciuto.
— Ma questo non cresce! Non vedete che pelame brutto ha? Pare scabbioso.
— È la fame che ha patito. Che doveva mangiare i sassi?
— Lo vedremo!
Il vitello faceva qualche sgambetto, ma poi restava anche più mogio: e i suoi occhi lagrimavano come se non fosse stato sano. Tentava di leccarsi i fianchi, e Picciòlo gli disse: — Vieni con me nella stalla: ti riposerai e poi mangerai.
Il vitello puntò i piedi dinanzi: e, per portarlo nella stalla, Picciolo dovette avvolgersi la fune alle braccia e tirare con tutta la sua forza; ma, se Moscino non lo avesse spinto di dietro, con una spalla, non si sarebbe mosso. Tordo e Berto stavano lì a sghignazzare. Picciòlo diceva:
— Ci vuol pazienza come con i ragazzi. Vedrete che tra un mese non riderete!
Ma Lorenzo s’ebbe a male di quegli scherzi; e a suo padre disse:
— Voi siete fatto a posta per far divertire