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andò a sedersi in una lunga pancaccia di legno. Un poco più in là, c'era Giulia; che impallidì voltando la testa verso la finestra e tentando di sorridere. Teneva i guanti in mano; e parlava fitto fitto, sottovoce, con i suoi testimoni; che non toglievano gli occhi da Remigio come fosse un gran colpevole.
Egli, tutto sconvolto, si sentiva girare la testa. Era la prima volta che entrava in un tribunale e cercava di capire come facevano un altro processo. Pensava anche a quel che voleva rispondere. Ma non era più sicuro d'avere ragione, e sentiva che là avrebbe dovuto contenersi in altro modo: e non come quando era con la matrigna o pensava dentro di sè. Un usciere si mise a scrutarlo; con una diffidenza ironica, che lo fece intimidire di vergogna. Gli aumentò la sfiducia; e avrebbe voluto essere in fondo alla Casuccia, a guardare la Tressa; che scorreva placida senza gorgogli, dove c'era l'erba più folta.
Stette così con la testa appoggiata al petto, senz'ascoltare più, quantunque sentisse come un ronzìo confuso e continuo che lo bucava come se fosse fatto di spilli. Non gli importò più nulla che i testimoni di Giulia, forse, lo guardassero; e, dentro di sè, cercava di trovare le parole che avrebbe dovuto dire. Allora, un'altra volta