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— Perchè è venuto a trovarmi?

— Domattina, ha detto l'avvocato, bisogna che venga al tribunale, perchè, il giudice vuol fare il suo interrogatorio.

— A che ora?

— Alle nove: si faccia trovare al portone. Salirà insieme con l'avvocato.

Giangio sorrise e tornò via. Remigio lo disse alla matrigna; che stette zitta, perchè non aveva nessuna stima del Neretti. «E ancora un ragazzo, ella diceva, e non ha giudizio nè meno per sè.»

Anche Dinda, con la quale ella se la diceva come se fossero state amiche, era dello stesso parere. E perciò, quando la sera le portò una grembiulata di fagioli, ne parlarono male.

La mattina dopo, Remigio si fece trovare al portone del tribunale in Via del Casato. Dopo una mezz'ora giunse il Neretti, con una cartella di cuoio nero sotto il braccio; salì le scale lesto lesto, e non gli disse nè meno niente. Remigio, per non restare solo, perchè non avrebbe saputo dove entrare, cercava di andargli dietro.

Il gabinetto del giudice, incaricato dal presidente, era piccolo e rettangolare. Alle pareti più lunghe, tutte a scialbo, due vecchie pitture, forse del Settecento; lasciate là dai tempi del vicariato.

In attesa di essere chiamato, Remigio