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più desiderabili. Andrea guardava intentamente; e nella sua imaginazione egli trasmutava in una carezza ciascun moto di quelle mani. “Ma perchè Elena posava ogni oggetto sul banco, invece di porgerlo a lui?„
Egli prevenne il gesto di Elena, tendendo la mano. E da allora in poi li avorii, li smalti, i gioielli passarono dalle dita dell’amata in quelle dell’amante, comunicando un indefinibile diletto. Pareva ch’entrasse in loro una particella dell’amoroso fascino di quella donna, come entra nel ferro un poco della virtù d’una calamita. Era veramente una sensazione magnetica di diletto, una di quelle sensazioni acute e profonde che si provan quasi soltanto negli inizii di un amore e che non paiono avere nè una sede fisica nè una sede spirituale, a simiglianza di tutte le altre, ma sì bene una sede in un elemento neutro del nostro essere, in un elemento quasi direi intermedio, di natura ignota, men semplice d’uno spirito, più sottile d’una forma, ove la passione si raccoglie come in un ricettacolo, onde la passione s’irradia come da un focolare.
“È un piacere non mai provato,„ pensò Andrea Sperelli anche una volta.
L’invadeva un leggero torpore e a poco a poco lo abbandonava la conscienza del luogo e del tempo.
― Vi consiglio questo orologio ― gli disse Elena, con uno sguardo di cui egli da prima non comprese la significazione.
Era una piccola testa di morto scolpita nell’avorio con una straordinaria potenza d’imitazione anatomica. Ciascuna mascella portava una