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d’Acrisio che riceve la nuvola d’oro, non quella della Fiera di maggio, ohibò! Conoscete il quadro della Galleria Borghese?
― Lo conosco.
― Mi sono ingannato?
― Basta, Sperelli: vi prego.
― Perché?
Ella tacque. Ormai ambedue sentivano avvicinarsi il cerchio che doveva chiuderli e stringerli insieme rapidamente. Nè l’una nè l’altro aveva conscienza di quella rapidità. Dopo due o tre ore dal primo vedersi, già l’una si dava all’altro, in ispirito; e la scambievole dedizione pareva naturale.
Ella disse, dopo un intervallo, senza guardarlo:
― Siete molto giovine. Avete già molto amato?
Egli rispose con un’altra domanda.
― Credete voi che ci sia più nobiltà di animo e di arte ad imaginare in una sola unica donna tutto l’Eterno feminino, oppure che un uomo di spiriti sottili ed intensi debba percorrere tutte le labbra che passano, come le note d’un clavicembalo ideale, finchè trovi l’Ut gaudioso?
― Io non so. E voi?
― Nè anche io so risolvere il gran dubbio sentimentale. Ma, per istinto, ho percorso il clavicembalo; e temo d’aver trovato l’Ut, a giudicare almeno dall’avvertimento interiore.
― Temete?
― Je crains ce que j’espère.
Egli parlava con naturalezza quel linguaggio manierato, quasi estenuando nell’artifizio delle parole la forza del suo sentimento. Ed Elena si