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stero. A quanti hanno l’abitudine della seduzione, specialmente ai temerarii, è nota questa perplessità che certe donne sollevano tacendo.

Un servo aprì la grande porta che dava nella sala da pranzo.

La marchesa mise il suo braccio sotto quello di Don Filippo del Monte e diede l’esempio. Gli altri seguirono.

― Andiamo ― disse Elena.

Parve ad Andrea che ella gli si appoggiasse con un po’ di abbandono. “Non era un’illusione del suo desiderio? Forse.„ Egli pendeva nel dubbio; ma, ad ogni attimo che passava, si sentiva più a dentro conquistare dalla malìa dolcissima; ad ogni attimo gli cresceva l’ansietà di penetrare l’animo della donna.

― Cugino, qui ― disse Donna Francesca assegnandogli il posto.

Nella tavola ovale, egli stava tra il barone d’Isola e la duchessa di Scerni, avendo di fronte il cavaliere Sakumi. Il quale stava tra la baronessa d’Isola e Don Filippo del Monte. Il marchese e la marchesa occupavano i capi. Su la mensa le porcellane, le argenterie, i cristalli, i fiori scintillavano.

Assai poche dame potevan gareggiare con la marchesa d’Ateleta nell’arte di dar pranzi. Ella metteva più cura nella preparazione di una mensa che in un abbigliamento. La squisitezza del suo gusto appariva in ogni cosa; ed ella era, in verità, l’arbitra delle eleganze conviviali. Le sue fantasie e le sue raffinatezze si propagavano per tutte le tavole della nobiltà quirite. Ella, a punto,