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― Ebbene, Ugenta, che avete comprato?

― Nulla.

― Nulla? Io credevo, invece, che voi aveste comprato tutto.

― Perchè mai?

― Era una mia idea... romantica.

La principessa si mise a ridere. Barbarella la imitò.

― Noi ce ne andiamo. Non è possibile rimaner qui, con questo profumo. Addio, Ugenta. Consolatevi.

Andrea s’accostò al banco. Il perito lo riconobbe.

― Desidera qualche cosa il signor conte?

Egli rispose:

― Vedrò.

La vendita procedeva rapidamente. Egli guardava intorno a sè le facce dei rigattieri, si sentiva toccare da quei gomiti, da quei piedi; si sentiva sfiorare da quegli aliti. La nausea gli chiuse la gola.

― Uno! Due! Tre!

Il colpo di martello gli sonava sul cuore, gli dava un urto doloroso alle tempie.

Egli comprò il Buddha, un grande armario, qualche majolica, qualche stoffa. A un certo punto udì come un suono di voci e di risa feminili, un fruscio di vesti feminili, verso l’uscio. Si volse. Vide entrare Galeazzo Secìnaro con la marchesa di Mount Edgcumbe, e poi la contessa di Lucoli, Gino Bommìnaco, Giovanella Daddi. Quei gentiluomini e quelle dame parlavano e ridevano forte.

Egli cercò di nascondersi, di rimpicciolirsi, tra