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un condotto; e un cumulo di terra, disseccato dal sole, levavasi in turbini di polvere ai soffii caldi del vento. La scala della Trinità splendeva bianca e deserta.
Andrea salì, piano piano, soffermandosi ad ogni due o tre gradini, come se trascinasse un peso enorme. Rientrò nella sua casa; restò nella sua stanza, sul letto, fino alle due e tre quarti. Alle due e tre quarti uscì. Prese la via Sistina, seguitò per le Quattro Fontane, oltrepassò il palazzo Barberini; si arrestò poco discosto, innanzi agli scaffali d’un venditore di libri vecchi, aspettando le tre. Il venditore, un omuncolo tutto rugoso e pelloso come una testuggine decrepita, gli offerse i libri. Sceglieva i suoi migliori volumi, a uno a uno, e glie li metteva sotto gli occhi, parlando con una voce nasale d’insopportabile monotonia. Mancavano pochi minuti alle tre. Andrea guardava i titoli dei libri e vigilava i cancelli del palazzo e udiva la voce del librajo confusamente, in mezzo al fragore delle sue vene.
Una donna uscì dai cancelli, discese pel marciapiede verso la piazza, montò in una vettura publica, si allontanò per la via del Tritone.
Andrea discese dietro di lei; prese di nuovo la via Sistina; rientrò nella sua casa. Aspettò che venisse Maria. Gittato sul letto, si mantenne così immobile che pareva non soffrisse più.
Alle cinque, giunse Maria.
Ella disse, ansante:
― Sai? Io posso rimanere con te, tutta la sera, tutta la notte, fino a domattina.
Ella disse: