Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
― 426 ― |
― Credo ― egli disse ― che lo scandalo in parte sarebbe evitato se il ministro presentasse le dimissioni al suo Governo, ma senza indugio, come gli è stato ingiunto dal presidente del Circolo. Il ministro invece si rifiuta. Stanotte aveva un’attitudine di persona offesa; alzava la voce. E le prove erano là! Bisognerebbe persuaderlo...
Seguitarono a parlare del fatto, camminando. Lo Sperelli era grato al Secínaro, della premura cordiale. Il Secínaro era predisposto, da quella intimità, alle confidenze amichevoli.
Su l’angolo della via de’ Condotti, scorsero la signora di Mount Edgcumbe che seguiva il marciapiede sinistro, lungo le vetrine giapponesi, con quella sua andatura molle e ritmica e affascinante.
― Donna Elena ― disse Galeazzo.
Ambedue la guardarono; ambedue sentirono il fascino di quell’incesso. Ma lo sguardo di Andrea penetrò le vesti, vide le forme note, il dorso divino.
Quando la raggiunsero, la salutarono insieme; e passarono oltre. Ora essi non potevano guardarla ed erano guardati. E fu per Andrea un supplizio nuovissimo quel camminare a fianco d’un rivale, sotto gli occhi della donna agognata, pensando che i terribili occhi si dilettavano forse d’un confronto. Egli medesimo si paragonò, mentalmente, al Secínaro.
Costui aveva il tipo bovino d’un Lucio Vero biondo e cerulo; e gli rosseggiava tra la copia magnifica dell’oro una bocca di nessuna significazione spirituale, ma bella. Era alto, quadrato,