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io penso, nello studio della fisionomia umana si avvicina alla profondità e all’acutezza a cui è giunto questo Redgrave nello studio del phallus. Guardate!
Egli si allontanò un istante per andare a richiudere l’uscio. Poi tornò verso il tavolo, presso la finestra; e si mise a sfogliare la raccolta, sotto li occhi dello Sperelli, parlando di continuo, indicando con l’unghia scimiesca, affilata come un’arma, le particolarità di ciascuna figura. Egli parlava nella sua lingua, dando ad ogni principio di frase una intonazione interrogativa e ad ogni fine una cadenza eguale, stucchevole. Certe parole laceravano l’orecchio di Andrea come un suono aspro di ferri raschiati, come lo stridore d’una lama d’acciajo a contrasto d’una lastra di cristallo.
E i disegni del defunto Francis Redgrave passavano.
Erano spaventevoli; parevano il sogno d’un becchino torturato dalla satiriasi; si svolgevano come una paurosa danza macabra e priapica; rappresentavano cento variazioni d’un sol motivo, cento episodii d’un solo dramma. E le dramatis personae erano due: un priapo e uno scheletro, un phallus e un rictus.
― Questa è la pagina “superiore„ ― esclamò il marchese di Mount Edgcumbe, indicando l’ultimo disegno, su cui in quel punto scendeva a traverso i vetri della finestra un sorriso tenue di sole.
Era, infatti, una composizione di straordinaria potenza fantastica: una danza di scheletri muliebri, in un ciel notturno, guidata da una