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Il collezionista s’accendeva. Egli uscì per andare a prendere l’albo dei disegni di Francis Redgrave, nella stanza contigua. Il suo passo era un po’ saltellante e malsicuro, come d’un uomo che abbia in sè un principio di paralisi, una malattia spinale incipiente; il suo busto rimaneva rigido, non assecondando il moto delle gambe, simile al busto d’un automa.
Andrea Sperelli lo seguì con lo sguardo, fin su la soglia, inquieto. Rimasto solo, fu preso da una terribile angoscia. La stanza, tappezzata di damasco rosso cupo, come la stanza dove Elena due anni innanzi erasi data a lui, gli parve allora tragica e lugubre. Forse quelle erano le tappezzerie medesime che avevano udite le parole di Elena: ― Mi piaci! ― L’armario aperto lasciava vedere le file dei libri osceni, le rilegature bizzarre impresse di simboli fallici. Alla parete pendeva il ritratto di Lady Heathfield accanto a una copia della Nelly O’Brien di Joshua Reynolds. Ambedue le creature, dal fondo della tela, guardavano con la stessa intensità penetrante, con lo stesso ardor di passione, con la stessa fiamma di desiderio sensuale, con la stessa prodigiosa eloquenza; ambedue avevano la bocca ambigua, enigmatica, sibillina, la bocca delle infaticabili ed inesorabili bevitrici d’anime; e avevano ambedue la fronte marmorea, immacolata, lucente d’una perpetua purità.
― Povero Redgrave! ― disse Lord Heathfield, rientrando con la custodia dei disegni tra le mani. ― Senza dubbio, egli era un genio. Nessuna fantasia erotica supera la sua. Guardate!... Guardate!... Che stile! Nessuno artista,