Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
― 390 ― |
― A che pensate, ora? ― gli chiedeva Maria, guardandolo in fondo alle pupille, con un’ombra di sospetto.
Ed egli rispondeva:
― A voi, sempre a voi. Mi prende come una curiosità di guardarmi dentro per vedere se ancora mi rimanga qualche minima parte dell’anima che non sia in possesso dell’anima vostra, qualche minima piega che non sia penetrata dalla vostra luce. È come una esplorazione interiore, che io faccio per voi, già che voi non potete farla. Ebbene, Maria, non ho più nulla omai da offerirvi. Siete nell’assoluto dominio di tutto il mio essere. Non mai, penso, una creatura umana è stata più intimamente posseduta da una creatura umana, in ispirito. Se la mia bocca si congiungesse alla vostra, avverrebbe la transfusione della mia vita nella vostra vita. Penso che morirei.
Ella gli credeva, poichè la voce di lui dava alle parole la fiamma della verità.
Un giorno erano sul Belvedere della Villa Medici: guardavano ne’ larghi e cupi tetti di busso l’orlo del sole morire a poco a poco e la Villa Borghese ancor nuda sommergersi a poco a poco in un vapore violaceo. Maria disse, invasa da una subitanea tristezza:
― Chi sa quante volte siete venuto qui, a sentirvi amare!
Andrea rispose, con l’accento d’un uom trasognato:
― Non so; non ricordo. Che dite mai?
Ella tacque. Poi si levò, per leggere le inscrizioni su i pilastri del tempietto. Erano, per lo