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morse e la bramosia lo accese. Egli si ricordava delle allegre parole dette da Giulio Muséllaro, una sera, a proposito del marito; e si proponeva di prendere Elena ad ogni costo, per il diletto e per il dispetto. ― Oh, s’ella fosse venuta!
Una carrozza sopraggiunse ed entrò nel giardino. Egli si chinò a guardare; riconobbe i cavalli d’Elena; intravide nell’interno una figura di dama. La carrozza disparve sotto il portico. Egli restò dubitoso. ― Tornava dunque di fuori? Sola? ― Acuì lo sguardo verso il portico, intensamente. La carrozza usciva, per il giardino, nella strada, imboccando la via Rasella: era vuota.
Mancavano due o tre minuti all’ora estrema; ed ella non veniva! L’ora sonò. Una terribile angoscia strinse il deluso. Ella non veniva!
Non comprendendo egli le cause della impuntualità di lei, le si rivolse contro; ebbe un moto di collera subitaneo; e gli balenò anche il pensiero ch’ella avesse voluto infliggergli una umiliazione, un castigo, o ch’ella avesse voluto togliersi un capriccio, esasperare un desiderio. Ordinò al cocchiere, pel portavoce:
― Piazza del Quirinale.
Egli si lasciava attrarre da Maria Ferres; si abbandonava di nuovo al vago sentimento di tenerezza che, dopo la visita pomeridiana, gli aveva lasciato nell’anima un profumo e gli aveva suggerito pensieri e imagini di poesia. La delusione recente, ch’era per lui una prova del disamore e della malvagità di Elena, lo spingeva forte verso l’amore e la bontà della senese. Il rammarico per la bellissima notte perduta gli