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― Sono già le due! Perdonatemi, marchese. Bisogna ch’io vada.

E accostandosi al gruppo:

― Perdonatemi, principessa. Alle due ho un consulto in scuderia coi veterinarii.

Salutò in gran fretta. Elena gli diede a stringere la punta delle dita. Barbarella gli diede un fondant, dicendogli:

― Portatelo al povero Miching da parte mia.

Ludovico voleva accompagnarlo.

― No; resta.

S’inchinò e uscì. Fece le scale in un baleno. Saltò nel suo legno, gridando al cocchiere:

― Di corsa, al Pincio!

Egli era invaso da un desiderio folle di ritrovare Maria Ferres, di ricuperare la felicità a cui dianzi aveva rinunziato. Il trotto fitto de’ suoi cavalli non gli sembrava a bastanza veloce. Guardava ansioso, per veder finalmente apparire la Trinità de’ Monti, lo stradone arborato, i cancelli.

La carrozza oltrepassò i cancelli. Egli ordinò al cocchiere di moderare il trotto e di girare per tutti i viali. Il cuore gli dava un balzo ogni volta che di lungi, tra gli alberi, appariva una figura di donna; ma in vano. Su la spianata egli discese; prese i piccoli viali chiusi alle vetture, esplorando ogni angolo: in vano. Le persone dai sedili lo seguivano con gli occhi, per curiosità, poichè la sua inquietudine era manifesta.

Essendo la Villa Borghese aperta, il Pincio riposava tranquillo sotto quel sorriso languido di febbrajo. Rare carrozze e rari pedoni inter-