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― gli disse la principessa di Ferentino. ― Au pays du Tendre?
― E quell’incognita? ― gli disse Elena, con un’aria leggera, odorando un mazzo di viole tirato fuori dal manicotto di martora.
― È una grande amica di mia cugina: Donna Maria Ferres y Capdevila, moglie del nuovo ministro di Guatemala ― rispose Andrea, senza turbarsi. ― Una bella creatura, assai fine. Era da Francesca, a Schifanoja, in settembre.
― E Francesca? ― interruppe Elena. ― Non sapete quando tornerà?
― Ho notizie sue, da San Remo, recenti. Ferdinando migliora. Ma temo ch’ella dovrà trattenersi là qualche altro mese, forse più.
― Che peccato!
Il Quartetto entrava nell’ultimo tempo, molto breve. Elena e la Ferentino avevano occupato due sedie, in fondo, lungo la parete, sotto il pallido specchio dove si rifletteva la sala malinconica. Elena ascoltava, con la testa china, facendo scorrere tra le sue mani le estremità d’un lucido boa di martora.
― Accompagnateci ― ella disse, quando il concerto fu finito, allo Sperelli.
Montando in carrozza, dopo la Ferentino, ella disse:
― Montate anche voi. Lasciamo Eva al palazzo Fiano. Vi poso poi dove volete.
― Grazie.
Lo Sperelli accettò. Uscendo nel Corso, la carrozza fu costretta a procedere con lentezza perchè tutta la via era ingombra di gente in tumulto. Dalla piazza di Montecitorio, dalla piazza