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di questa torbida sofferenza interiore si moveva l’inquietudine prodotta dalla immediata realità, dalle preoccupazioni, dirò così, pratiche. Non gli sfuggiva un leggero cambiamento nell’attitudine di Donna Maria verso di lui; e credeva sentire lo sguardo di Elena assiduo e fisso; e non giungeva a trovare un modo di contenersi, non sapeva se dovesse accompagnar Donna Maria nell’uscir dalla sala o se dovesse avvicinarsi a Elena, nè sapeva se quel caso gli avrebbe giovato o nociuto presso l’una e l’altra.
― Io vado ― disse Donna Maria levandosi, dopo la Romanza.
― Non aspettate la fine?
― No; debbo essere a casa per le cinque.
― Ricordatevi, domattina...
Ella gli tese la mano. Forse pel calore dell’aria chiusa, una lieve Fiamma le avvivava la pallidezza. Un mantello di velluto, d’un color cupo di piombo, orlato d’una larga zona di chinchilla, le copriva tutta la persona: e tra la pelliccia cinerea le violette morivano squisitamente. Nell’uscire, ella camminava con sovrana eleganza, mentre qualcuna delle signore sedute volgevasi a guardarla. E per la prima volta Andrea vide in lei, nella donna spirituale, nella pura madonna senese, la dama di mondo.
Il Quartetto entrava nel terzo tempo. Poichè la luce diurna diminuiva, furono alzate le tendine gialle, come in una chiesa. Altre signore abbandonarono la sala. Sorgeva qua e là qualche bisbiglio. Cominciavano nell’uditorio la stanchezza e la disattenzione, che son proprie della fine d’ogni concerto. Per uno di que’ singolari