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― Tu certo hai qualche cosa che ti tormenta.

E Andrea si sentiva il cuore così gonfio che fu sul punto di abbandonarsi alla confidenza. Ma si trattenne. Egli era ancóra sotto l’impressione delle malignità udite al Circolo, del racconto di Giulio, di tutta quella indiscreta leggerezza da lui stesso provocata, da lui stesso professata. L’assenza completa di mistero nell’avventura, la compiacenza vanitosa degli amanti nell’accogliere i motti e i sorrisi altrui, la cinica indifferenza con cui gli amanti d’un tempo lodano le qualità della donna a coloro che già sono su la via di goderle, e l’affettazione con cui quelli dànno a questi i consigli per giunger meglio allo scopo, e la premura con cui questi danno a quelli i più minuti ragguagli su un primo convegno per sapere se la maniera tenuta ora dalla dama nel concedersi si riconfronti con quella tenuta altre volte, e le cessioni, e le concessioni, e le successioni, e insomma tutte le piccole e grandi viltà che accompagnano i dolci adulterii mondani, gli parvero ridur l’amore una mescolanza insipida e immonda, una volgarità ignobile, una prostituzion senza nome. Le memorie di Schifanoja gli attraversavano l’anima, come profumi cordiali. La figura di Donna Maria gli splendeva dentro con tal vivezza ch’egli n’era quasi attonito; e un’attitudine egli vedeva sopra le altre distinta, sopra le altre luminosa: l’attitudine di lei quando nel bosco di Vicomíle aveva pronunziata la parola ardente. Avrebbe egli riudita quella parola da quella bocca? Che aveva fatto ella, che aveva pensato, come aveva vissuto nel tempo della lontananza? L’agitazione