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ma era d’una tal bontà che gli giunse fino ai precordii.
― Avete un altro profumo ― egli disse, con un accento singolare.
Rispose ella, semplicemente:
― Sì. Vi piace?
Andrea, ancora tenendo il mantello fra le mani, affondò il volto nella pelliccia che ornava il collo e che più quindi era profumata dal contatto della carne e de’ capelli di lei. Poi chiese:
― Come si chiama?
― È senza nome.
Ella di nuovo sedette su la poltrona, entrando nel chiaror della fiamma. Aveva un abito nero, tutto composto di merletti in mezzo a cui brillavano perline innumerevoli, nere e d’acciaio.
Il crepuscolo moriva contro i vetri. Andrea accese su i candelabri di ferro certe candele attorte, di colore aranciato molto intenso. Poi trasse d’innanzi al caminetto il parafuoco.
Ambedue, in quell’intervallo di silenzio, erano nell’animo perplessi. Elena non aveva la conscienza esatta del momento, nè la sicurezza di sè; pur tentando uno sforzo, non riusciva a riafferrare il suo proposito, a raccogliere le sue intenzioni, a riprendere la sua volontà. D’innanzi a quell’uomo a cui un tempo l’aveva stretta una così alta passione, in quel luogo dove ella aveva vissuto la sua più ardente vita, sentiva a poco a poco tutti i pensieri vacillare, dissolversi, dileguarsi. Ormai il suo spirito stava per entrare in quello stato delizioso, direi quasi di fluidità sentimentale, in cui riceve ogni movimento, ogni attitudine, ogni forma dalle vicende