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― Noi verremo a star qui definitivamente il primo di febbrajo, martedì ― gli disse Elena. ― Allora sarete, spero, un nostro assiduo.

Andrea s’inchinò.

Avrebbe dato qualunque cosa per non toccare la mano di lord Heathfield. Se ne andò pieno di rancore, di gelosia, di disgusto.

La sera medesima, sul tardi, essendo capitato per caso al Circolo, dove non saliva da molto tempo, egli vide seduto a un tavolo di giuoco Don Manuel Ferres y Capdevila, il ministro del Guatemala. Lo salutò con premura; gli chiese notizie di Donna Maria, di Delfina.

― Sono ancora a Siena? Quando verranno?

Il ministro, memore d’aver guadagnate alcune migliaja di lire giocando col giovine conte nell’ultima notte di Schifanoja, rispose con grande cortesia alla premura. Egli aveva conosciuto Andrea Sperelli giocatore ammirabile, d’alto stile, perfetto.

― Sono qui tutt’e due, da qualche giorno. Arrivarono lunedì. Maria è molto dispiacente di non aver trovata la marchesa d’Ateleta. Io credo che una vostra visita le sarà molto gradita. Stiamo nella via Nazionale. Eccovi l’indirizzo esatto.

Gli diede un suo biglietto. Quindi si rimise al giuoco. Andrea si sentì chiamare dal duca di Beffi ch’era in un crocchio di altri gentiluomini.

― Perchè non sei venuto stamani a Cento Celle? ― gli domandò il duca.

― Avevo un altro appuntamento ― rispose Andrea, senza pensarci, per una scusa qualunque.