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del santo quella parola voluttuosa, come da un tesoro teologale una pietra afrodisiaca, io ve la offro?
― Non so ― rispose l’Arici, sempre ridendo e tenendo tra le dita a bastanza fini e lunghette un bicchiere con vin di Chablis. ― Quel che volete.
― Il sostantivo dell’adjettivo.
― Che dite?
― Ne discorreremo. La parola è: linguatica. Messer Ludovico, aggiugnete alle vostre litanie questa appellazione: “Rosa linguatica, glube nos.„
― Peccato ― disse il Muséllaro ― che tu non sia alla mensa di un duca del secolo XVI, tra una Violante e una Imperia, con Giulio Romano, con Pietro Aretino e con Marc’Antonio!
La conversazione andavasi accendendo nei vini, nei vecchi vini di Francia, fluidi e ardenti, che dànno ali e fiamme al verbo. Le majoliche non eran durantine, istoriate dal cavalier Cipriano dei Piccolpasso, nè le argenterie eran quelle milanesi di Ludovico il Moro; ma nè pure erano troppo volgari. Nel mezzo della tavola un vaso di cristallo azzurro conteneva un gran mazzo di crisantemi gialli, bianchi, violacei, su cui si posavano gli occhi malinconici di Clara Green.
― Clara, ― chiese Ruggero Grimiti, ― siete triste? A che pensate?
― A ma chimére! ― rispose l’antica amante di Adolphus Jeckyll, sorridendo; e chiuse il sospiro nel cerchio d’un bicchiere colmo di Sciampagna.